Ascensori: il racconto di Emanuele Tavola da leggere tutto d’un fiato

Manu e Laika
Ascensori
“Buongiorno a tutti voi! Siete in diretta con la MD television, televisione MIO DIO per i pochi
che ancora non ci conoscono. Trasmettiamo dal felice borgo di Quatercá Incrus, borgo che forse
felice lo era…”
Il biondo occhialuto, capelli a tempesta, inviato speciale di lunga data, fece andare le mani a
taglio davanti alla telecamera, come a dire che erano cazzi amari “… ora non più! Seguitemi!
Qualcosa di misterioso e diabolico sta avvenendo in questo paese!”
La telecamera lo seguì, allargando la visuale, inquadrando palazzine anonime irrise dal sole e
dal destino.
Un capannello di persone, perlopiù anziane, stazionavano nei pressi di una di queste.
Un uomo coi baffoni alla Stalin e l’occhio triste, di scuro vestito, si fece incontro lemme lemme
all’inviato della tv.
“Buongiorno signor sindaco! Esatto? È lei?”
“Bah…sì” rispose cheto l’altro, testa infossata fra le spalle “Mariagiacomo Mangiadiacono…”
“Oh, che nome altisonante… quale onore…”fece un plateale inchino l’inviato della tv “Ci
racconta brevemente signor sindaco cosa sta accadendo nella qui presente ridente comunità? ”
Il sindaco annuì, facendo ondeggiare i baffoni. “Bah, certo…” cominciò, lasciandosi attorniare
dai suoi concittadini, che buttavano l’occhio verso il monitor per capire se fossero inquadrati o
meno “Da qualche giorno, per cause ancora tutte da stabilire, gli ascensori vanno solo in
discesa, e non risalgono più…”
“Ma come, come? “lo incalzò il giornalista “Non ci posso credere! Si spieghi, non ci lasci in
ansia!”
“Bah, è così…” allargò le braccia il sindaco “Partono dai piani alti e vengono giù, e va tutto
bene…”
“Bene. E allora?”
“Bah, quando toccano terra, non c’è modo di farli ripartire verso l’alto…”
“Incredibile…” enfatizzò all’estremo quella parola l’inviato “Davvero incredibile! Tutti gli
ascensori di Quatercá Incrus fanno così? ”
“Bah, sì, che io sappia… ”
“Avete sicuramente allertato i tecnici, i maghi delle cabine a fune, gli specialisti
ascensionisti…”
“Bah, sì, ci han guardato, han rovistato, oliato e registrato, ma chissà…”
Si fece largo un omone tra la folla, in tuta blu: “Se posso, gentil signori…” levò un dito “Mi
sento chiamato in causa…”
L’inviato della tv si girò verso di lui. “Ma benvenuto! Certo, signor…?”
“Ulderico Labrugola, tecnico ascensori e montacarichi”
“Bene, signor Labrugola! Cosa sta succedendo in questa amena località? Ci dà lumi?”
L’omone ci pensò un momento, poi sbuffò. “In quarant’anni di onorata attività, mai vista una
cosa del genere…”
“Si spieghi, si spieghi! I telespettatori non stanno più nei pantaloni per il pathos!”
Il tecnico si sporse verso il microfono, cercando al contempo di tener dentro la pancia,
respirando piano. Levò un sopracciglio: “Abbiamo controllato tutto, persino le viti e le cicche
incollate sul pavimento della cabina. Un gioiello della perfezione, non una virgola da eccepire.
Tiriamo su l’ascensore fino al settimo piano, e va su liscia come l’olio, quindi carichiamo la
gente del palazzo, felice. Scendiamo che è un piacere, tutti ad applaudire, pacche sulle spalle.
Poi, riproviamo ad andar su, e qui casca l’asino…”
“Non va?”
“Non va, e per la barba di Garibaldi se abbiamo capito il perché…”
“E la gente?” lo stuzzicò l’altro.
“S’incazzano di brutto, e hanno anche ragione…” spiegò affranto il tecnico, collo allungato
verso il microfono “Per evitare risse e degenerazioni verbali, li abbiamo riportati tutti su a
spalla…”
“Quindi?”
“Quindi, altri controlli, smonta di qui, rimonta di là, e tutto pare a posto…”
“Ancora su al settimo a mano?”
“Esatto. E tutto per nulla, tanto la cabina poi non è più risalita…”
“Ma pensa un po’ che storia … ” fece sua la telecamera l’inviato, sorridendo in primo piano “E ci
scommetto che pure tutti gli altri ascensori fanno cosi. Qua il mistero si fa fitto…” socchiuse gli
occhi e accartocciò la bocca “Ma sentiamo un altro parere…” si voltò, facendo ampi cenni a
qualcuno di farsi avanti “Prego, Don Palmiro…”
Un omettino vestito di nero, con due occhi altrettanto neri e un po’ spiritati, uscì dalla folla e si
fece appresso al microfono.
“Buon giorno a tutti…” levò una mano e fece il segno della croce in direzione dei concittadini
“Iddio scenda nei vostri cuori”
“Grazie, don Palmiro. Le siamo grati. Cosa ne pensa di questa faccenda degli ascensori? C’è lo
zampino di quello col forcone?”
Il parroco fece un sorriso di circostanza. “Non è escluso, mi creda, ma sono anche convinto che
questa discesa verso il basso non sia altro che una metafora della morale attuale…”
“Udite udite…” fece il biondo della tv “Si sta preparando una nuova apocalisse? Un diluvio
universale? Pioggia acida o di cavallette?”
Il prete sorrise di nuovo. “Nulla è escluso, di questi tempi…”
“Quali tempi?”
“Tempi di degrado, di amoralità, di Dio denaro e null’altro. Ecco il motivo di questa eterna
discesa, e mai risalita. Così van le cose. L’ascensore scende perfettamente, ma non risale più,
riproducendo esattamente il degrado dei tempi…”
“Ma scusi…” lo interruppe il biondo della tv “Allora, secondo lei, cosa dovremmo fare… anzi,
cosa dovreste fare qua a Quatercá Incrus per risolvere il problema? ”
“Semplice. Digiuno, astinenza, separazione dai beni di questo mondo, preghiera. Ecco, i quattro
fari che ci porteranno fuori dell’oscurità e che ci faranno risalire verso l’alto, verso la luce, verso
Iddio onnipotente che tutto può e tutto fa”
“La ricetta è semplice, ma funzionerà? ”
“Certamente. Basta aver fede…”
“Ah, già…”
“Sicuro che non è facile, tutti avvinti nel proprio egoismo, come una vite filettata senza inizio
né fine ” proseguì “Ma perdio, diamo una svolta alla nostra vita! ” levò la voce e si girò verso i
suoi concittadini “Possibile che siate così ciechi e sordi alle parole del Santissimo? Cosa
bisogna fare per fare breccia nei vostri cuori di pietra, eh? Piantarvi a martellate il Sacro
Chiodo?” alzò ancor più la voce, con gli occhi pronti ad esplodere verso il mondo. Strizzò il
microfono “Pentitevi dei vostri peccati, umani! I vostri corpi saranno ridotti in cenere, e la
cenere usata per concimare i verdi pascoli del paradiso!”
“Ma… ! Don Palmiro…” tentò di placarlo l’intervistatore, sorpreso.
“In ginocchio davanti a me! Subito! ” strillò il parroco, indicando col dito “Avanti! Baciatemi i
piedi, figli del peccato! Strisciate per terra e inzozzate il corpo, visto che è già zozza la vostra
anima! Fornicatori !”
“Si calmi, Don Palmiro! ” reagì l’inviato della tv, resosi conto che la situazione gli stava
sfuggendo di mano. Tolse il microfono al prete, ma questi, con zampata ghermitoria, se ne
riappropriò.
“A terra! Strisciate, luridi figli del demonio! Lavatemi i piedi con la vostra lingua gonfia di
menzogne! Muovetevi!” seguitò ad urlare, avanzando verso i suoi parrocchiani che presero ad
indietreggiare “Salite sull’ascensore e precipitate una buona volta verso l’inferno! Arrostite i
vostri corpi dannati!”
Accorse un terzetto della benemerita, facendosi largo tra la folla ormai impanicata. Due di
questi afferrarono il prete per le braccia e lo trascinarono via, intanto che si levavano alte le sue
farneticazioni.
Il terzo, un maresciallo, venne subito requisito dal biondo della tv.
“Venga qui, gentilmente…” lo attirò a sé, sotto l’occhio della telecamera, e gli piazzò il
microfono all’altezza del triplo mento “Lei è … ?”
“Maresciallo Esimio, agli ordini” fece il saluto militare e batté i tacchi.
“Cosa ne pensa di questa anomalia degli ascensori?”
Il maresciallo si passò una mano sul pancione, dove i bottoni della divisa si aggrappavano
esausti ai loro ancoraggi. “Ecco, è difficile stabilire una causa precisa…”
“Ci potrebbe essere l’Isis dietro tutto ciò?”
“Potrebbe. Ormai il terrorismo le sta tentando tutte pur di salire alla ribalta…”
“Certo. Ma non sarebbe un po’ troppo strana una cosa del genere? In fondo, di morti non ce ne
sono stati…” lo corresse il biondo inviato.
“Per il momento, ma non lo escluderei…” si carezzò il mento “Chi ci garantisce che
all’improvviso gli ascensori non precipitino? Che si schiantino al suolo trascinando con sé tutte
le povere vittime qui presenti?” indicò i paesani con un gesto circolare della mano.
“Ma scusi, non è che così dicendo si possa spargere il panico?”
“Assolutamente no. La gente dev’essere consapevole dei rischi che corre. Coi terroristi non si
scherza. Ti prendono e ti sgozzano solo perché hai sputato per terra. Fan cosi…”
“D’accordo, ma…”
“E allora? Dovremmo chiudere gli occhi?” andò avanti l’altro “Poggiare la testa sul ceppo
aspettando la mannaia del boia di turno? Certo che no. Guardiamo negli occhi il nemico.
Sfidiamolo”
“Si, va bene…” riprese la parola a fatica l’intervistatore “Ma gli ascensori che…”
“Machissenefrega. Usiamo le scale, che diamine, che siamo tutti obesi!” si carezzò il ventre a
due mani “Torniamo alle sane abitudini, basta mollezze e comodità! Vita da caserma per tutti!”
Il biondo della tv riuscì a strappargli il microfono di mano. “Grazie per la sua esaustiva
spiegazione, maresciallo…” e gli diede le spalle “Ora vorrei che si facesse avanti Bruno Roccia,
geologo di chiara fama…”
Era un tizio magro e lungo, senza capelli ma con barbetta a punta. Un occhio pesto lasciava
intendere che faceva un lavoro pericoloso o che non si tirasse indietro nelle risse.
“Salve…” levò una mano. Aveva una voce un po’ stridula.
“Buongiorno a lei!” lo salutò l’altro uomo al centro dell’attenzione “Cosa ci dice di questa
calamità che ha colpito Quatercá Incrus? ”
“Semplice. Questo territorio è tutto vuoto sotto, scavato da una nutrita serie di falde acquifere.
Gli ascensori fanno le bizze in quanto tutto sta cedendo. Tempo qualche giorno e il paese non
esisterà più”
“Ma… cosa sta dicendo? È sicuro?”
“Certo. Stiamo in piedi per miracolo” iniziò a saltellare sotto lo sguardo allibito di tutti gli altri
“Dovessi precipitare, non mi stupirei affatto…”
“La smetta per favore!” gli intimò gelido il biondo della tv, tergendosi il sudore dalla fronte,
non abituato a rischiar la pelle “Se è come dice dovremmo…”
Non terminò.
Un rumore si levò da ogni dove, prima in modo ovattato, poi sempre più manifesto.
I presenti sbarrarono gli occhi, fissandosi stupiti l’un l’altro. Persino il geologo smise di
saltellare, temendo di averla combinata grossa.
Invece, molto semplicemente, gli ascensori si erano rimessi in moto, tutti assieme, tutti verso
l’alto. Era usanza locale averli a vista, a svolgere il loro lavoro fra pareti di vetro, quindi erano
sotto gli occhi di tutti.
Meravigliati, gli abitanti di Quatercá Incrus presero ad indicare qua e là, lasciandosi sfuggire
degli “Ooooo…” stupefatti.
“Incredibile! ” recuperò la parola l’inviato di Mio Dio television “Sono ripartiti! Tutti assieme!
Tutti verso l’alto! Miracolo!!”
Nessuno fiatava più ed assisteva ad occhi sbarrati all’evento straordinario.
La telecamera zoomava di qua e di là, cercando di inquadrarli tutti.
Gli ascensori proseguirono compatti la loro ascesa, tutti assieme appassionatamente.
Andarono su, sempre più su, e non si fermarono neppure quando ebbero raggiunto l’ultimo
piano dei palazzi.
Sfondarono il tetto, senza far neppure troppo rumore, e sempre tutti assieme, come un
convoglio interplanetario, presero la via delle stelle.
Qualcuno fra i popolani di Quatercá Incrus agitò un fazzolettino in segno di saluto, qualcun
altro si asciugò furtivo una lacrima che aveva preso a scivolar giù dalla guancia.