La pioggia azzoppa le fioriture e mette in difficoltà le api. Così la produzione di miele crolla: equazione semplice, che non lascia spazio a troppe interpretazioni.
Particolarmente incisivo è l’effetto del maltempo sulla produzione di miele di acacia o robinia, in fioritura nelle ultime settimane.
Coldiretti Como-Lecco, in base ad un’analisi realizzata dai propri tecnici sugli effetti delle frequenti perturbazioni che hanno colpito il territorio, sottolinea che le piogge continue e le temperature altalenanti hanno infatti reso difficile il lavoro delle api che non sono riuscite a raccogliere dai fiori il polline e il nettare indispensabili per la loro sopravvivenza e la produzione di miele.
“Le cause sono sotto gli occhi di tutti e gli alveari ne pagano le conseguenze” ribadiscono Fortunato Trezzi e Raffaello Betti, presidente e direttore di Coldiretti Como Lecco. “La tropicalizzazione del clima e le piogge continue e intense hanno compromesso una fase importante della stagione e le api non hanno avuto la possibilità di raccogliere il nettare e quindi non sono riuscite a produrre miele. Questo è un periodo molto delicato per le famiglie di api, quest’anno purtroppo si è partiti veramente male”.
E così, il clima impazzito di fine primavera minaccia un settore sempre più strategico per l’economia agricola delle due province lariane.
Nelle nostre due province esiste una particolare varietà di miele; dal tiglio, infatti, a fioritura di poco successiva, si ottiene un miele monofloreale dalle caratteristiche mentovato-balsamiche.
Nel versante dell’Alto Lario, grazie alla ricca presenza di specie Erica Arborea, si producono alcune tipologie di miele caratterizzate da un gradevole aroma caramellato.
Il settore florovivaistico lariano, poi, è molto votato alle piante di specie ornamentali; alcune di queste, come ad esempio le Magnoliacee, sono ottime produttrici di nettare e di conseguenza il miele prodotto in queste zone è di grande qualità.
“Il settore apistico, anche nel 2016 per il terzo anno consecutivo, sta vivendo una situazione preoccupante” commenta Enrico Ranghetti, produttore di Beregazzo con Figliaro (CO).
“A Como e Lecco le principali produzioni di miele sono l’acacia e il millefiori. E anche sui prati i fiori, come quelli di tarassaco, sono ormai inutilizzabili dalle api. Non potendo raccogliere il nettare, dunque, le api sono rimaste nelle arnie per diversi giorni e questa costrizione ha dato luogo a numerose sciamature (che compromettono la produzione visto che non sono programmate – se invece lo fossero, sarebbe un bene perché la sciamatura aumenta le famiglie) e ad un 30-35% di orfanità (ossia la morte della regina) dovuta allo stress. Al maltempo, infine, si sono sommate le criticità dovute alla peste europea e a quella americana. “
Nell’intera Lombardia ci sono circa 155.000 alveari che producono 1.700 tonnellate di miele, propoli, cera e tutti i derivati del miele e dell’alveare: “Sia la nostra regione che le nostre province – concludono Trezzi e Betti – hanno un’antica tradizione nel settore dell’apicoltura tanto che il primo congresso degli apicoltori italiani si tenne nel 1871 proprio a Milano, dove oggi si stima abitino circa centomila api. Mentre se consideriamo anche gli hobbisti o le aziende agricole multifunzionali, sono oltre tremila le persone che in tutta la Lombardia si dedicano all’apicoltura”.
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